La piccola ha salutato il gorilla con la mano, ma i genitori della bambina erano scettici. Poi è successo qualcosa che ha cambiato per sempre la loro famiglia.

La piccola Chiara sognava lo zoo.
Per mesi aveva tirato la mamma per la mano, indicando il volantino con la giraffa, attaccato al frigorifero con una calamita colorata.
— Mamma, papà, per favore… voglio vedere gli animali! — ripeteva ogni sera con lo stesso entusiasmo.
Ma i genitori erano sempre troppo occupati.
Il padre, Michele, tornava a casa dopo dodici ore di lavoro, così stanco che anche respirare sembrava un peso.
La madre, Anna, rientrava trafelata tra pentole, detersivi e scadenze da rispettare. Corsi, relazioni, bollette, panni da piegare.
— Non adesso, Chiara — dicevano ogni volta. — Un’altra volta.
E ogni volta, quel “un’altra volta” le spezzava un pezzetto di cuore.
Il sabato mattina, Chiara indossava il suo vestitino rosa e si sedeva vicino alla porta, con le scarpette in grembo.
Aspettava.
Sperava che il miracolo accadesse.
Ma il miracolo non arrivava mai.
Finché un giorno Michele perse la pazienza.
— Ancora con ‘sto zoo?! Non vedi quanto sono stanco?
Chiara non rispose. Lo guardò dritto negli occhi.
Forse fu proprio quello sguardo a sciogliere qualcosa dentro di lui.
La mattina dopo, con voce bassa, disse:
— Preparatevi. Oggi andiamo allo zoo.
La gioia di Chiara fu così grande che sembrava che in casa fosse arrivata la primavera.
Anna non poté trattenere un sorriso, anche se borbottava come al solito:
— Speriamo ne valga la pena.
Il tragitto fu lungo, pieno di traffico e lamentele. Ma Chiara non vedeva nulla di tutto ciò.
Davanti a lei c’erano solo i grandi cancelli con la scritta: ZOO BIOPARCO.
Prima arrivarono gli elefanti: maestosi, imponenti.
Poi i leoni: pigri e un po’ annoiati.
I genitori sembravano più interessati ai loro cellulari.
Il sogno di Chiara cominciava a sciogliersi come un gelato d’agosto.
Finché, all’improvviso, il silenzio.
Un angolo appartato, erba verde dietro un vetro, qualche roccia.
E lì — una piccola figura scura.
Un cucciolo di gorilla.
Guardava dritto verso di lei.
Chiara si avvicinò piano, appoggiando la manina al vetro.
Il gorillino fece un passo avanti e la toccò con la sua manina minuscola.
— Ciao… — sussurrò Chiara. — Ti stavo aspettando.
E come se avesse capito, fece un piccolo cenno del capo.
Si formò una folla.
I genitori si voltarono — e per la prima volta da tanto tempo, sentirono la risata di loro figlia.
Una risata vera, limpida, felice.
Poi, d’un tratto, il gorillino alzò la mano e le fece ciao.
Un gesto vero, consapevole.
Chiara rise e ricambiò il saluto.
E in quell’istante, dalla penombra uscì la madre gorilla — imponente, serena.
Si avvicinò, abbracciò il cucciolo e lo spinse dolcemente verso il vetro, come per dirgli:
“Guarda, impara. È così che si ama.”
Anna rimase immobile. Michele non riusciva a staccare gli occhi.
— È una madre migliore di noi — sussurrò Anna.
Michele non rispose. Si limitò a fare un cenno.
Chiara si girò:
— Hai visto, mamma? Mi ha salutato!
Anna si abbassò, l’abbracciò.
Michele si accovacciò accanto a loro.
Per la prima volta dopo tanto tempo, erano semplicemente una famiglia.
La madre gorilla si allontanò nell’ombra con il piccolo tra le braccia, ma prima di sparire, lui alzò di nuovo la mano. Un saluto.
Chiara appoggiò la sua al vetro:
— Ciao, amico mio.
Mentre tornavano verso l’uscita, Michele disse piano:
— Chiara, scusami. Per non averti ascoltata.
Anna gli prese la mano.
— Da oggi cambiamo.
Nel recinto, la madre gorilla sedeva con il suo cucciolo, osservandoli andare via.
E quello sguardo diceva più di mille parole.
A volte, per capire cosa vuol dire essere genitori, basta vedere come qualcun altro sa amare.