La piccola abbracciò il cane morente, che aveva poche ore di vita davanti a sé. Tre ore dopo, il veterinario fece una dichiarazione incredibile.

Il cane stava morendo. Si chiamava Cesare. Un tempo forte, dal pelo grigio argenteo, ora giaceva immobile, con il petto che si sollevava appena.
Il veterinario, uscendo la sera, disse piano:
— Non arriverà all’alba.
Nel silenzio della casa, Giulia asciugava le lacrime vicino al lavandino, mentre Nicola guardava fuori dalla finestra, verso il cortile e il vecchio pero.
— Non possiamo più farlo soffrire — sussurrò lei.
— Domani — rispose lui. — Non oggi.
In un angolo, tra i cubetti, la loro bambina di un anno, Anna, giocava. Notò che in casa era diventato troppo silenzioso.
Si voltò e pronunciò la sua prima parola:
— Ce…sa…re.
Giulia si immobilizzò. Nicola non poteva crederci.
— Ha detto il suo nome…
La bambina tese le braccia. Giulia la posò a terra.
Anna strisciò verso il divano e toccò la zampa del cane.
— Ce…sa…re, dormi — sussurrò a fatica.
Cesare mosse la coda, con fatica girò la testa e la appoggiò sulle ginocchia della bambina.
Giulia si coprì la bocca con le mani.
— Lui la sente…
Anna rise piano, lo abbracciò per il collo e sussurrò:
— Resta.
Quella parola suonò sorprendentemente chiara.
Cesare sospirò. Il suo respiro diventò più regolare, più calmo.
— Dio mio… — sussurrò Giulia. — Sta respirando.
All’alba, il cane dormiva già tranquillo. Il petto si sollevava ritmicamente, come un cuore che aveva trovato un motivo per vivere.
Al mattino, la luce del sole entrò improvvisa dalla finestra.
Giulia si svegliò e vide Cesare seduto. La testa alta, lo sguardo limpido.
— Nicola, guarda!
Lui toccò il collo del cane: il polso era regolare e caldo.
— È vivo.
Quando arrivò il veterinario, non poteva crederci.
— Ieri avete detto che non respirava — ricordò.
— Guardi lei stessa — rispose Nicola.
Il dottore ascoltò a lungo, poi scosse la testa:
— La pressione è normale. Il cuore batte. Non so spiegare. A volte… vivono finché sentono di essere necessari.
Da quel giorno, Cesare tornò nel cortile, si scaldava al sole e scodinzolava piano sul pavimento mentre Anna costruiva una torre di cubetti accanto a lui.
Dopo due settimane fece i primi passi — direttamente verso di lui.
Cesare si abbassò per permetterle di aggrapparsi al pelo.
Giulia pianse e rise:
— Sta andando da lui.
Nella foto in cui la piccola abbraccia Cesare, Giulia scriverà poi:
«L’amore ha insegnato a entrambi a camminare.»
E quando, un mese dopo, Cesare si addormentò per sempre, tutto era silenzioso e luminoso.
Anna si avvicinò, lo abbracciò e disse la stessa parola di quella prima notte:
— Resta.
Sotto il vecchio pero posero una pietra.
Giulia mise accanto la maglietta lilla della figlia.
A volte, all’alba, Nicola giura di sentire un lieve abbaiare dal giardino.
Giulia sorride:
— Bravo, vecchio amico. Ce la facciamo.
E ogni volta che un raggio di sole cade sul vecchio divano, Anna accarezza quel posto e sussurra:
— Ce…sa…re.
Perché l’amore sa davvero sconfiggere la morte.