Il cane da servizio ha iniziato ad abbaiare furiosamente contro una bambina piccola e i suoi genitori all’aeroporto. Dopo un minuto l’ufficiale ha capito — quel cane aveva appena salvato loro la vita.

Era una giornata come tante. Il rumore del terminal si fondeva in un ronzio continuo — voci, rotelle di valigie, annunci dagli altoparlanti. Nell’aria si mescolavano gli odori di caffè e cherosene.
L’ufficiale Alessandro stava fermo accanto al metal detector con il suo fedele compagno, un pastore tedesco di nome Bim. In sei anni di servizio avevano controllato migliaia di passeggeri. Bim non sbagliava mai.
La fila scorreva tranquilla. Un ragazzo con il portatile, una coppia anziana, due turiste in abiti colorati. Tutto procedeva secondo la routine.
All’improvviso, una bambina di circa cinque anni comparve in fila. Grandi occhi curiosi e un enorme orsacchiotto di peluche stretto tra le braccia. Accanto a lei, i genitori: una giovane mamma stanca e un papà che guardava l’orario dei voli sul tabellone.
In quel momento Bim si irrigidì. Le orecchie si drizzarono, i muscoli si tese, la coda calò. Prima che Alessandro potesse reagire, il cane scattò avanti e abbaiò forte, deciso, proprio verso la bambina.
— Togliete il cane! — gridò la madre, proteggendo la figlia — Le state facendo paura!
Alessandro tirò il guinzaglio e diede il comando, ma Bim sembrava non ascoltare. Girava intorno alla bambina, ringhiando e spingendo il muso contro l’orsacchiotto.
— Mi scusi signora, — disse Alessandro mantenendo la calma, — dobbiamo controllare il giocattolo.
I genitori protestarono, ma le procedure sono leggi. La verifica fu rapida e pulita, nessun documento sospetto. Però Bim non si calmava, continuava a ringhiare, come se percepisse qualcosa che nessuno vedeva.
Alessandro si accovacciò accanto al cane.
— Che senti, amico? — sussurrò.
Bim abbaiò brevemente e tornò a premere il muso sul peluche.
— Signora, per favore, ci dia il giocattolo un attimo, solo per controlli — ripeté Alessandro, notando le mani tremanti della donna.
Il padre avanzò brusco:
— Avete già controllato tutto! Stiamo per perdere il volo!
Alessandro serrò le labbra, il presentimento non lo lasciava. Guardò la bambina che stringeva il peluche con la paura che glielo portassero via.
— Mi dispiace, — disse a bassa voce — ma oggi non prenderete nessun volo.
L’uomo si infuriò e urlò, ma Alessandro prese con delicatezza il peluche e si diresse verso la zona di servizio. Bim camminava al suo fianco, senza mai distogliere lo sguardo dal giocattolo.
Pochi minuti dopo Alessandro tornò pallido, con un’immagine a raggi X in mano. Dentro al peluche c’erano decine di piccole capsule.
— È sintetico, — disse a bassa voce — una droga rarissima. Camuffata perfettamente. Nessuno scanner l’avrebbe mai individuata, solo Bim.
La madre si lasciò andare sulla sedia.
— Non siamo stati noi… — sussurrò — L’abbiamo comprato ieri per strada. Una donna si è avvicinata e glielo ha offerto… La bambina l’ha scelto da sola…
Più tardi si scoprì che la “venditrice” era una corriere di una grande rete di narcotrafficanti. Vendeva giocattoli con nascondigli a famiglie con bambini, sapendo che raramente vengono ispezionati.
La famiglia era innocente. Bim era l’eroe.
Una settimana dopo in aeroporto installarono una targa:
Bim — il cane che ha fiutato la verità.
A volte Alessandro si ferma accanto a lui e gli accarezza il collo.
— Buon lavoro, compagno — gli sussurra.
Bim si limita a battere le palpebre e a sdraiarsi. Per lui non è un’impresa eroica, è solo un altro giorno salvato.